Caratteristiche di Trypanorhyncha e significato della sua presenza in alimenti
I Tripanorhinchi sono un gruppo molto numeroso di parassiti
di pesci predatori oceanici (Pescespada, Pesce vela, Marlin), diffuso anche in
altri pesce (cernie, tonni, merluzzi). Il nome significa “muso che trapana” ed
è collegato alle modalità di ingresso del parassita nel corpo dei pesci. Sono
parassiti non zoonosici, incapaci cioè di attaccare l’uomo.
Per questo motivo essi sono da ritenere assolutamente
non pericolosi.
Avviene però che talvolta si rinvengano derrate ittiche contaminate da pochi esemplari di parassita.
Le parassitosi dei pesci costituiscono un problema di
primaria importanza nell’ambito della sicurezza alimentare. Altri parassiti (di
differente tassonomia, appartenenti infatti al phylum dei nematodi), quali l’Anisakis, sono infatti in grado di
attaccare l’uomo e risultano per esso pericolosi. Questi parassiti sono
riconosciuti come diffusissimi in natura, al pari di quelli innocui.
Per prevenire la presenza di Anisakis e altri parassiti analoghi è
intervenuto specificamente il legislatore europeo.
L’allegato III, sezione VIII, capitolo III, del regolamento
(CE) n. 853/2004, la parte D prescrive quanto segue:
1. Gli operatori del settore alimentare che immettono sul mercato i
seguenti prodotti della pesca derivati da pesci pinnati o molluschi cefalopodi:
a) i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi;
oppure
b) i prodotti della pesca marinati, salati e qualunque altro prodotto
della pesca trattato, se il trattamento praticato non garantisce l’uccisione
del parassita vivo,
devono assicurarsi che il materiale crudo o il prodotto finito siano sottoposti
ad un trattamento di congelamento che uccide i parassiti vivi
potenzialmente rischiosi per la salute dei consumatori.
2. Per i parassiti diversi dai trematodi il congelamento deve
consistere in un abbassamento della temperatura in ogni parte della massa
del prodotto fino ad almeno:
a) – 20 °C, per almeno 24 ore; oppure
b) – 35 °C, per almeno 15 ore.
3. Gli operatori del settore alimentare non sono tenuti a praticare i
trattamenti di congelamento di cui al punto 1 per i prodotti della pesca:
a) sottoposti, o destinati ad essere sottoposti, ad un trattamento
termico che uccide il parassita vivo prima del consumo. Nel caso di parassiti
diversi dai trematodi il prodotto è riscaldato ad una temperatura al centro del
prodotto superiore o uguale a 60 °C per almeno un minuto;
b) che sono stati conservati come prodotti della pesca congelati per un
periodo di tempo sufficiente ad uccidere i parassiti vivi;
c) ...
4. a) Al momento dell’immissione sul mercato, a meno che non siano
forniti al consumatore finale, i prodotti della pesca di cui al punto 1 devono
essere accompagnati da un’attestazione dell’operatore del settore
alimentare che ha effettuato il trattamento di congelamento, indicante il
tipo di congelamento al quale sono stati sottoposti.
b) Prima dell’immissione sul mercato dei prodotti di cui al punto 3,
lettere c) e d), che non sono stati sottoposti al trattamento di congelamento o
che non sono destinati ad essere sottoposti ad un trattamento, prima del
consumo, volto ad uccidere i parassiti vivi che rappresentano un rischio
sanitario, un operatore del settore alimentare deve assicurarsi che i prodotti
della pesca in questione provengano da una zona di pesca o piscicoltura
conforme alle condizioni specifiche di cui ai punti citati. La presente
disposizione può essere ottemperata dalle informazioni presenti nel documento
commerciale o da qualunque altra informazione che accompagna i prodotti della
pesca.
L’aspetto interessante è che non si prescrive l’eliminazione
materiale dei parassiti, ma solo la loro uccisione. È cioè permessa la presenza
dei parassiti morti nei prodotti commercializzati, in quanto dal legislatore
ritenuti (correttamente sotto il profilo scientifico) non pericolosi.
Le indicazioni sono riprese dal Ministero della Salute, con
circolare 4379-P del 17 febbraio 2011, nella quale sono descritte le modalità
pratiche per i trattamenti di bonifica mediante congelamento, finalizzati a
garantire “l’uccisione di tutti i parassiti eventualmente presenti nel prodotto
pronto al consumo [crudo o praticamente crudo]”, non l’eliminazione completa ma
solo l’uccisione.
Nella circolare 4380-P del 17 febbraio 2011, lo stesso
Ministero della Salute si esprime riguardo all’applicabilità dell’art. 5 della
legge 283/62 in caso di presenza di parassiti, dichiarando che “nell’ipotesi in
cui l’operatore abbia agito in conformità alla legge nella verifica
dell’assenza di parassiti”, “si ritiene non perfezionabile l’ipotesi di
contravvenzione di cui all’art. 5 [della legge 283/1962]”.
Già nel 1992 (circolare n. 110 dell’11 marzo 1992) lo stesso
ministero si era espresso in questo senso:
“L'obbligo della distruzione
sussiste nei casi in cui l'invasione da parassiti delle parti edibili
conferisce al pesce, a giudizio del veterinario ispettore, un aspetto
repellente o ripugnante. Altrimenti lo stesso veterinario ispettore può
consentire la bonifica o risanamento del pesce mediante le seguenti
metodiche: a) congelamento a -20 °C all'interno del pesce per non meno
di 24 ore…; b) trattamento termico del pesce ad almeno 60°C per dieci
minuti”
Anche la Regione Piemonte (Direzione Sanità, Settore
prevenzione veterinaria), con la circolare 8499/DB 2002 del 22 marzo 2011, si è
pronunciata sull’argomento, aggiungendo a quanto già indicato dal ministero che
l’obbligo di comunicazione all’autorità competente ASL scatta solo in caso di
prodotti “tali da non poter essere immessi sul mercato in quanto inadatti al
consumo umano o dannosi, ovvero quando il rischio si concretizzi per la
destinazione al consumo crudo”, e che tale segnalazione, in ogni caso, “non
comporta la notifica all’autorità giudiziaria” relativamente alla violazione
dell’art. 5 legge 283/62.
Va sottolineato come la presenza di parassiti, seppur visibili, è
considerata tollerabile, data la diffusione di questi nel pesce, purché essi
siano resi innocui mediante opportuni trattamenti.
(Massimo Tarditi)
(Massimo Tarditi)
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