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lunedì 15 febbraio 2016

Sulle caratteristiche dei contenitori in banda stagnata



Sulle caratteristiche dei contenitori in banda stagnata

(BIBLIOGRAFIA: J.C. Cheftel – H. Cheftel “Biochimica e tecnologia degli alimenti”, Edagricole, Bologna 1988)

I materiali di cui ci si serve per la produzione dei contenitori sono

  •           la banda stagnata
  •           la banda cromata
  •           l’alluminio.

Attualmente l’80% delle conserve appertizzate sono confezionate in scatole di banda stagnata.
Esistono specifiche sul tenore in carbonio ed in magnesio degli acciai utilizzati, così come per le contaminazioni da zolfo e silicio (tollerati a bassissimi livelli). È importante anche il tenore in fosforo: ad un debole tenore in fosforo corrispondono, a parità delle altre condizioni, una migliore resistenza alla corrosione rispetto da acidi deboli, una minore rigidità
La produzione della banda stagnata viene realizzata come segue:
Dopo l’affinatura, l’acciaio è colato in stampi (lingottiere); questi lingotti sono quindi sottoposti ad una laminatura a caldo in continuo, da cui si ottiene una banda d’acciaio di circa 1 metro di larghezza e 2 mm di spessore, sottoposta ad ulteriore laminatura a freddo fino ad uno spessore di 0,2-0,3 mm.  La laminatura a freddo comprende fasi di

  •           decapaggio in acido solforico diluito, per togliere lo strato di ossidi di ferro la cui presenza non solo nuoce alla stagnatura, ma diminuisce la resistenza alla corrosione
  •           laminatura a freddo in una successione di laminatoi abbinata ad una forte trazione, durante la quale la banda è lubrificata e raffreddata mediante irrorazione con una miscela di olio e acqua; la sua temperatura raggiunge circa i 150°
  •           sgrassatura in bagno alcalino caldo, per eliminare l’olio restante dopo la laminatura; in certe installazioni si utilizza anche la corrente elettrica
  •           ricottura a circa 670°C, in atmosfera d’azoto e idrogeno, per fare sparire la rigidità dal metallo prodotta dalla laminatura a freddo, che viene effettuata sia in forni a campana, sia in forni continui
  •           trafilatura, leggera laminatura avente lo scopo di restituire al metallo, divenuto molto molle per via della ricottura, una certa rigidità.

Segue la stagnatura elettrolitica, che comprende una serie di operazioni che fanno seguito ai trattamenti di preparazione:

  •           nuova sgrassatura
  •           decapaggio elettrolitico, in bagno d’acido solforico
  •           stagnatura, in bagno d’acciaio fenolsolfonico; alcune barre di stagno servono da anodo, e si disciolgono secondo la reazione Sn° — Sn2 + 2e; al catodo avviene la reazione inversa; si pratica anche la stagnatura elettrolitica in bagno alcalino
  •          rifusione, per fare fondere lo stagno (a 232°C) e conferire un aspetto brillante alla superficie. Nello stesso tempo si forma, tra l’acciaio e lo stagno, uno strato di lega di ferro-stagno, che costituisce uno sbarramento al passaggio della corrente tra l’acciaio e lo strato di stagno, da cui deriva una migliore resistenza alla corrosione interna delle scatole da parte di certi prodotti
  •           passivazione, solitamente per trattamento catodico in un bagno di bicromato di sodio o, in certi casi, per semplice immersione nella stessa soluzione; si crea così uno strato di ossidi di stagno e ossidi di cromo che protegge il ferro, con le inevitabili discontinuità dello strato di stagno, contro l’ossidazione atmosferica (formazione di ruggine)
  •           oliatura, con olio di cotone o sebacato di etile-esile, impiegato sia mediante polverizzazione elettrostatica sia in emulsione
  •           tranciatura: quando la banda stagnata non viene trasportata in bobine, è tagliata in fogli da 40 a 110 cm di lunghezza; nel corso di questa operazione la banda viene ispezionata e i fogli che presentano difetti d’aspetto o buchi sono eliminati; i fogli sono anche pesati, e i fogli fuori peso vengono eliminati.

La banda stagnata terminata è costituita da una lamina d’acciaio ricoperta da ogni lato da strati successivi, come rappresentato nella figura seguente:
 
La quantità di stagno può essere la stessa oppure differente sulle due facce del foglio (stagnatura differenziale). Vi sono anche vari tipi di finitura superficiale: banda stagnata opaca, brillante, molata, argentata. Per le conserve e le semi-conserve si impiega soprattutto banda stagnata brillante.
I quattro tipi comuni di scatole di banda stagnata sono:

  •        Scatola a fondi coassiali controsaldati (utilizzata per il latte concentrato)
  •       Scatola a due fondi aggraffati (la più comune, usata nel nostro caso, rappresentata in figura seguente) 
  •        Scatola ad apertura a strappo (tradizionale per le sardine ed il tonno sott’olio)
  •       Scatola imbutita

La scatola a due fondi aggraffati è costituita, da un “corpo” cilindrico, generalmente di sezione circolare, e da due «fondi», uno detto “di fabbricazione” che viene collocato al suo posto dal fabbricante della scatola, il secondo detto “di chiusura” che servirà a chiudere la scatola una volta riempita.
Il corpo è ottenuto a partire da un rettangolo di banda stagnata, nel quale si praticano incisioni e incavature e che quindi si arrotola e si aggraffa lungo una generatrice; dopo essere stata chiusa, l’aggraffatura è controsaldata (dall’esterno) con saldatura “dolce”, in generale al 2% di stagno e al 98% di piombo.
I fondi sono fabbricati separatamente mediante taglio e imbutitura a pressione su un foglio, o in una bobina di banda stagnata; quindi sono muniti d’una guarnizione, a base di gomma naturale o sintetica, che viene colata allo stato di emulsione o di soluzione sulla circonferenza del fondo, quindi seccata.
Il fissaggio dei fondi al corpo della scatola avviene mediante aggraffatura, operazione che consiste nell’arrotolare insieme il bordo del corpo ed il bordo del fondo in maniera da ottenere l’assemblaggio rappresentato, in sezione, nella figura che segue:
.
La fabbricazione appena descritta è realizzata in automatico a cadenze di 400-800 scatole al minuto.

Sulle alterazioni delle conserve in scatola

I difetti dei prodotti in scatola possono essere suddivisi in due grandi categorie: difetti del contenitore e difetti del contenuto i quali in molti casi comportano anche alterazioni del contenitore.
Secondo la letteratura in materia (G. Tiecco, “Ispezione degli alimenti di origine animale”, Edagricole, Bologna 1987) le alterazioni dei contenitori possono consistere in:
a) Presenza di microaperture: difetti di saldatura dei lamierini, oppure esiti di ammaccature, corrosione, ecc. La presenza di questi difetti è seguita sempre dalla comparsa di alterazioni più profonde che interessano il contenuto conseguenti alla penetrazione di microorganismi nell’interno della scatola a diretto contatto con il contenuto.
b) Arrugginimento: consegue ad impropria stagnatura del lamierino esterno o a difetti meccanici che portano al distacco della stessa. La causa scatenante è sempre la conservazione del prodotto in ambiente umido.
c) Deformazioni del contenitore: conseguenti a colpi. Va tenuto presente però che in corrispondenza dell’ammaccatura si può verificare il distacco, nella parte interna del lamierino, della banda stagnata o della vernice per cui facilmente queste scatolette possono andare incontro a corrosione interna o microaperture.
d) “beccatura”: questo difetto è caratterizzato dalla presenza di un becco in corrispondenza dell’aggraffatura causato spesso da una difettosa chiusura della scatola. Frequentemente queste confezioni presentano anche microaperture.
e) Marmorizzazione delle pareti interne del lamierino: (detto anche imbrunimento); si riscontra solamente nelle scatole rivestite con banda stagnata, con comparsa sulla superficie interna del contenitore di macchie più o meno estese di colore bruno chiaro, bluastro o nero intenso. Questo difetto non deve essere confuso con la corrosione; in quest’ultimo caso il rivestimento stagnato è distaccato ed al tatto la zona non è più liscia. Nelle zone marmorizzate od imbrunite invece il rivestimento stagnato è sempre integro e la superficie si presenta liscia.
f) Corrosione (interna): dovuta a interazioni tra il contenuto della scatola e la banda stagnata del contenitore.
g) Bombaggio: fenomeno dovuto all’insorgere di fenomeni chimici (corrosione) o biologici (crescita di microrganismi) con sviluppo di gas.


 Sulle possibili cause di corrosione

Tra i fenomeni di alterazione delle conserve, la corrosione interna ed esterna rivestono grande importanza.
Tralasciando gli aspetti relativi alla corrosione interna, non di interesse nel nostro caso, passiamo a descrivere brevemente lo sviluppo ed i fattori che influiscono sulla corrosione esterna.
La corrosione esterna si manifesta con l’apparizione di punti di ruggine, di macchie grigie o nere, sulla banda stagnata; la saldatura a base di piombo è analogamente talvolta attaccata, con formazione di carbonato e di ossido di piombo.
Questi attacchi possono cominciare fin dalla sterilizzazione, a seconda delle caratteristiche dell’acqua:

  •           le acque dolci, spesso ricche in aria, provocano ruggine;
  •           le acque ricche in bicarbonato di calcio depositano carbonato che opacizza il metallo e le illustrazioni;
  •           le acque alcaline attaccano lo stagno;
  •           le acque acide sono molto aggressive, ed è in generale consigliato di correggerle, mediante addizione di soda.
Il raffreddamento dopo la sterilizzazione deve essere eseguito con acqua convenientemente clorata e che non lasci depositi salini. Si suggerisce inoltre di terminare il raffreddamento con un risciacquo con acqua demineralizzata.
Dopo il raffreddamento le scatole devono seccarsi spontaneamente e rapidamente.
Il raffreddamento deve avvenire in locali secchi, il più possibile freschi, e riparati da bruschi cambiamenti di temperatura che rischiano di comportare la condensazione di umidità atmosferica sulle scatole. Porte e finestre dei magazzini devono essere chiuse; il tetto deve essere sufficientemente isolante. La disposizione delle scatole nei locali di magazzinaggio deve permettere di sorvegliarle, in modo da eliminare le scatole “che colano”, che rischiano di bagnare altre scatole e di provocare grossi danni, anche da corrosione interna.
I cartoni d’imballaggio e protezione devono essere poveri in sali, poco acidi (pH> 5,5), e né idrofili né idrofobi, in modo da potere assorbire se necessario un poco di umidità senza attirarne in eccesso.
Come si vede, la comparsa di corrosione esterna sulle scatole di conserve è un fenomeno che insorge sempre nelle fasi di produzione, e che comunque risente di fattori legati a queste fasi.

(Massimo Tarditi)


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